Siamo quasi al dunque. La data è forse incerta ma il voto arriverà a fine estate come una liberazione per molti veneti. Liberazione da chi, liberazione da che cosa? Dagli equivoci e dalle promesse che si spostano sempre più in là. Il partito del “Faremo premier”.
L’autonomia non è stata conquistata, né ci pare che le forze in campo nel governo veneto si siano consumate le mani per lavorare su questo fronte. Ogni volta la scusa giusta. Poi, per ribadire che non si è centralisti, si sfodera il regionalismo, il federalismo, il “facciamo prima a fare noi che aspettare Roma”…. Il governo dei luoghi comuni ha occupato la stampa, un sistema di comunicazione politica ha generato consenso persuadendo con l’arte oratoria che il Veneto sia il primo della classe. Dopo il Covid, e i morti, il Veneto ha davanti a sè un deserto.
Parliamoci chiaro. Sei aziende su dieci erano già ferme prima della pandemia.
L’Emilia Romagna ha superato le nostre imprese nell’export, che è la nostra salvezza. Non siamo primi. Siamo fermi. Finita la celebrazione del “come è stata brava la Regione a fermare i contagi”, e con le casse che inviano tasse a Roma, perché sul residuo fiscale il governo veneto non tocca palla, non proferisce parola, cosa si dirà alle aziende che vogliono ripartire?
Comunque la si voglia leggere, i partiti che escono dal governo regionale e che andranno ancora ad amministrare il Veneto, non rispondono ai veneti, sono le seconde file dei partiti nazionali. Fanno l’interesse dello Stato, non del territorio. Sono lo Zelig che muta in base alle necessità.
La Lega di Salvini è mimetizzata dentro gli abiti dei leghisti veneti, è la Lega che rende omaggio a Mameli (per carità, legittimo) ma che non va a Codogno, nel lodigiano. O a Vò nel padovano. O le leghe sono due, e non ce lo hanno detto, oppure sono un Giano bifronte. Una parla italiano, l’altra dice di parlare veneto ma sono la stessa persona.
Antonio Guadagnini è consigliere regionale uscente dopo un percorso che lo ha visto sempre con coerenza non abbassare mai la bandiera dell’autogoverno, della vicinanza ai temi dell’indipendentismo, del Veneto nell’Europa dei popoli.
Gli stati nazionali non possono essere il nostro riferimento, hanno fallito. Lo stesso modello italiano anti Covid, che poi è il modello cinese della dittatura del distanziamento pena la galera, nella babele di task force, comitati di scienziati divisi sul sesso del Covid ma che dettano legge, con un parlamento esautorato dal prendere decisioni, dal votare i decreti come atti di un gabinetto di guerra, non è il modello di governo verso il quale vogliamo continuare a dare sovranità. Ce l’hanno rubata, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Serve una risorgenza.
Per questo come coordinatore della confederazione di Grande Nord in Veneto confermo la fiducia nel nostro candidato presidente Guadagnini del Partito dei Veneti, del quale facciamo parte in una sinergia di forze che crede non serva andare a Roma per cambiare il presente né dipendere da un partito che vive a Roma e dà ordini a Venezia.
E’ molto semplice: il Veneto torni ai Veneti. Una volta si diceva fora i partiti di Roma. Mai avremmo immaginato che avrebbero occupato casa nostra entrando come fratelli per poi diventare transgender della politica.
Corrado Callegari
Coordinatore veneto Grande Nord – Partito dei Veneti